CONSIGLI PRATICI


Riguardo alla vocalità, diremo solo che è buona regola cantare il gregoriano con voce naturale, non impostata liricamente, piana e liscia, in modo da scandire perfettamente tutti gli intervalli e, soprattutto, rendere intelligibile il testo.
Non bisogna infatti dimenticare che il canto gregoriano è il trionfo del testo, di cui la melodia rappresenta un rafforzamento del significato. E quindi, le pause e tutti i respiri andranno eseguiti in funzione del testo stesso. Per lo stesso fine, sarà bene evitare l’eccessiva apertura delle vocali, e si cercherà di curare l’addolcimento di certi gruppi consonantici particolarmente aspri. In particolare, le sillabe alla fine di una frase dovranno essere non sostenute con forza, ma come sfumate, né dovranno essere eccessivamente lunghe, soprattutto quando quella frase appena terminata è seguíta o da un’altra strofa (in inni e simili) o continua in un nuovo discorso (come nei canti dell’Ordinario), ma contribuiranno ad esaltare il testo e l’orizzontalità della melodia se “lasciate”, usando un termine tecnico.

Dal Metodo di canto gregoriano della Schola Gregoriana Mediolanensis:

Il canto gregoriano è preghiera cantata, quindi il suono deve essere sempre leggero, legato e umile.
Anche quando si esprime la lode gioiosa, il suono sarà più partecipato ma non dovrà essere grossolano o gridato.
Prima di cantare, sarà utile capire cosa si canta.
Quando si canta è logico ricordarsi che stiamo rivolgendoci a Dio, non siamo solo cantanti o Musicisti.
E’ necessario pronunciare bene il testo, il testo della preghiera cantata può essere molto interiore ma dovrebbe essere anche capito da chi ascolta; si trovi il giusto equilibrio tra interiorità e comunicazione.
Non si canti mai di gola, quando le note salgono è necessario girare il suono di testa, sarà possibile una migliore intonazione. Per salire bene, nelle note alte le vocali devono essere rimpicciolite, partecipate e pensate.
Attenzione alle note acute di passaggio, solitamente sono calanti perché gli si dà poca importanza.
Nella salmodia, curare l’intonazione della corda di recita o tenore, non cantare mollemente ma partecipare sempre non solo con la voce ma anche e soprattutto con la mente; se pensiamo cosa stiamo cantando, la qualità automaticamente sarà molto buona.
Le A non devono essere troppo aperte ma devono tendere leggermente alle O.
Le I devono essere cantate pensando alla forma grafica della I in verticale, altrimenti tendono alla O e calano.
Si canti osservando il ritmo della parola; le note, i neumi del canto servono ad evidenziare il testo nel suo significato, quindi il canto avrà un “ritmo verbale“ non sillabato (il ritmo del testo parlato è il ritmo del testo cantato).

Le frasi vanno sempre partecipate, slanciate all’inizio e riposate al respiro. All’interno della frase tutto scorrerà legando da neuma a neuma. Per ottenere una buona legatura servirà  conoscere bene la melodia, poi mentre si canta una nota, già si pensi alla prossima.
Negli intervalli di terza, quarta, quinta.... non collegare i suoni glissando come nell’opera lirica, ma con l’aiuto di un’ipotetica H davanti alla vocale e un leggero rigonfiamento del suono (breve e delicata messa di voce) si passi da un suono all’altro senza portamento o collegamento di note intermedie.
Le note finali non devono ripiegarsi nella conclusione del loro suono ma devono essere sostenute nell’intonazione, la bocca deve rimanere aperta fino al termine della produzione del suono.
Le N finali devono risuonare leggermente nel naso con la lingua appoggiata al palato.
Il gregoriano, canto dal silenzio. Anche nelle nostre rumorose città, quando cantiamo il gregoriano, sarà bene ispirarci al silenzio monastico, dove nel silenzio, Dio si rende manifesto.
Prima di cantare sarà bene fare qualche vocalizzo e poi, soprattutto serviranno il silenzio e la concentrazione.
Terminato il canto, è doveroso e gradito il silenzio nel quale riecheggia la spiritualità del canto gregoriano.